Trolling, doxing e revanscismo

Un fenomeno che ha colpito tutte le società contemporanee è la polarizzazione delle idee attraverso bullizzazione pesante di chi non si schiera, o magari si schiera ma non dalla parte che spinge per vincere a tutti i costi. Attraverso bot, troll, e altri esagitati, ecco una compilation di messaggi intimidatori, diffamatori, quando non veri e propri insulti fino al doxing. In onda tutti i giorni, su tutti i social media.




Mentre cerchiamo un termine esaustivo per identificare il fenomeno della diaspora iraniana - soprattutto residente negli Stati Uniti - lo chiameremo revanscimo: quel bisogno sfrenato di vendicarsi per la sconfitta subita e rimporsi con la forza. E il termine sconfitta non è scelto a caso. 
Il 2019 scegna il 40esimo compleanno della Repubblica Islamica e forse la cifra tonda ha scatenato ulteriori fervori già sollecitati da Trump, Bolton e Rajavi ghignati. 
Per chi crede che "la rivoluzione sia stata dirottata dai mullah" e "la rivoluzione è stata tradita" l'ipotesi di una riforma del sistema attuale è impensabile. E se il sistema non è riformabile allora è rovesciabile. Ecco la speranza di un intervengo americano. Brividi.

Le seconde generazioni si identificano più nello Shah - e nel paese che è stato - più che nel paese reale. Come già scritto altrove i canali satellitari di base negli Usa, un esempio è Manoto, sono in gran spolvero per riscrivere la storia della Persia dello Shah. 

In Italia c'è una costante rivalutazione di Mussolini - che ha fatto anche cose buone tra cui le pensioni, i treni in orario, guarire gli infermi e curare i calli ai piedi - così nell'Iran della diaspora c'è uno strisciante sdoganamneto, più o meno palese, della figura dittatoriale dello Shah. Prima grande sostenitrice è Masih Alinejad. Come a Mussolini, così allo Shah sono perdonati, o meglio occultati, la repressione del neonato partito comunista iraniano, la repressione delle lotte dei lavoratori, la svendita del patrimonio pubblico e delle imprese di stato alle potenze straniere. Non ultimo il sempiterno slogan: "quando c'era LVI, le donne non portavano il velo". Vero. Ma in che termini? 

Come oggi sono obbligate a metterlo, allora erano obbligate a toglierlo e "occidentalizzarsi". La reazione è stata di uscire solo la sera e la lenta sparizione della vita pubblica delle donne. Con l'imposizione del velo invece la situazione si è ribalatata: le famiglie tradizionali si sono sentiti tranquillizzate dall'islamicità della vita pubblica permettendo alle figlie di poter studiare. La maggioranza delle iraniane ha una laurea, molte un dottorato di ricerca. 

La semplificazione "velo e schiavità, occidente e libertà" non ha appigli nella storia, ma anche se li avesse, rimpiazzare un dittarore con un dittatore fa differenza? Lo Shah uccideva i comunisti, i mullah i monarchici, e ora le seconde generazioni vorrebbero rimettere la monarchia e purgare gli islamici. 

Democracy is cool. We should try it some time.


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